GIOVANNI VERGA , FRANCESCO GUGLIELMINO e ACI CATENA
Il presente foglio tenta di illustrare alcuni aspetti e frammenti di vita catenota risalenti a qualche decennio passato, i quali appaiono assai più intriganti dei tempi attuali. Alcune informazioni che potrebbero mostrarsi di scarso interesse, invece possono contribuire a dare un impulso alle valorizzazione del territorio, che per una miopia delle forze politico-culturali, è stato spesso trascurato.
A onor del vero si tratta di realtà oggettive sì, poco eclatanti e apparentemente poco significative, come meteore migrate un tempo sopra una porzione di territorio fatto di poche case che al loro passaggio, ha acquisito lustro e prestigio, grazie a personaggi di elevata cultura e sensibilità(1). Sono emersi legami che esplicitamente collegano pagine di Nedda e dei Malavoglia con Aci Catena e la zona. La vestigia di alcuni immobili storici (palazzo Tropea, palazzo Spoto, le chiese San Giuseppe centro, santuario Madonna della Catena, S. Lucia, San Filippo) ancora oggi sono testimonianza di un passato abbiente e prestigioso. Ma, per non allontanarci troppo ed essere più precisi, ci occuperemo dei personaggi e degli aspetti citati nel titolo e, in particolare di testimonianze dell?amicizia tra due letterati: il catanese e il catenoto, Verga e Guglielmino. Godevano di stima reciproca e nella biblioteca del romanziere, in via S.Anna, campeggiavano i saggi del catenoto, Arte e artificio nel dramma greco e Il sole nella lirica del Carducci, mentre la stampa di Ciuri di strata fu contemporanea alla dipartita del Verga il, quale, pertanto, non poté mai leggere, nella loro veste editoriale definitiva, quelle liriche che Guglielmino scrisse ai tempi delle loro passeggiate nei luoghi ameni di via Croce ad Aci S. Antonio.
A dire il vero alcune di quelle liriche Verga le conosceva e ne parlò già in una lettera del 1898. La devozione rimane e nella Elegia davanti al sepolcro di Giovanni Verga nel 50° della morte dello scrittore nel registro a lutto ricorda nella lista dei firmatari e visitatori, 1061 firme, l?amico Guglielmino. Eleganza e testimonianza di amicizia affiorano nel sonetto A Giovanni Verga che ne enfatizza un incontro: ?Na vota vinni a la vostra casuzza/ comu vannu a la chiesa li divoti,/ dissi: scummettu, mi apri Santuzza/ li vesti a luttu e li capiddi scioti;[?]. Con la morte dello scrittore, per anni la casa di via S.Anna restò senza vigilanza diretta; nel frattempo scomparvero dagherrotipi, obiettivi fotografici, agenti chimici per lo sviluppo e il fissaggio delle lastre, unitamente ad altri oggetti, come la medaglietta d?oro senatoriale del Regno. Le lastre furono fortunosamente trovate mezzo secolo dopo la morte dello scrittore, grazie all?attenzione e alla passione di uno studioso come Giovanni Garra Agosta che realizzò l?elegante catalogo Verga Fotografo, presso la casa editrice Cavallotto di Catania. Nella sezione La gente ed il paesaggio della Sicilia sono raggruppati foto di Catania, Vizzini, Tébidi, Licodia Eubea, Scordia, Mascalucia, Nicolosi, Trecastagni e altre foto ancora riguardano Aci Castello, San Giovanni La Punta e Monti Rossi Etnei. In altre partizioni, sempre contenute nel libro, scopriamo I Verga nella casa, sulla loro terra con parenti, amici e servitori; in un?altra frammentazione Gli amici più cari e, in un?altra suddivisione, Gente e paesaggi del continente. Su Aci Trezza nessuna immagine. Anche il maestro Garra Agosta si chiese perché nelle lastre fotografiche del Verga non fosse immortalata alcuna immagine del decantato mare e del borgo di Trezza e in lui si fece strada la convinzione che alcune buste fossero, andate in qualche modo distrutte o disperse per una scarsa consapevolezza del loro valore. Nulla ci è giunto del cuore della vecchia Trezza, della casa del nespolo dei Malavoglia nella quale si sentiva russare il mare. Dell?Eremo di S. Anna, delle scorciatoie per accedere al paese, delle attività lavorative ed economiche del nostro paese, si è certi della conoscenza diretta dello scrittore (2). Ipotizziamo una suggestione, forse il tempo farà emergere altri carteggi, ed affiorare un documento sui lupini della Reitana. Legumi che avrebbero dovuto sollevare le sorti economiche dei Malavoglia ma invece quel travagliato carico sulla Provvidenza sarà il dramma di quella famiglia per gli esiti finali. A quel tempo parte della tenuta dei Casalotto a ridosso della Torre vedetta, era adibita alla coltivazione di grano e luppini, di questi, la lavorazione avveniva nelle sorgive della Reitana. Ci permettiamo una divagazione sulla passione fotografica del romanziere a ragion veduta: curiosità con chiaroscuri di un mondo fotografico ormai desueto, ma che hanno fatto la storia del verismo fotografico, parallelo al verismo letterario. E? uno sconfinamento un po? desiderato per ricordare lo scopritore di quella cassa pronta per andare al macero, come lo fu un?altra, contenente le apparecchiature fotografiche e le lastre scattate, sviluppate e stampate da Giovanni Verga. Corrisponde alla medesima persona e nacque a Vizzini: Giovanni Garra Agosta. Questa citazione non vuole essere una sua celebrazione (il benemerito studioso, tra l?altro, da alcuni mesi non fa più parte del mondo dei vivi), ma è indubbio che Garra Agosta fu un personaggio chiave nello scoprire, leggere e conservare le foto realizzate dal Verga. Inoltre mi ha fornito la possibilità di osservare, nel carteggio della giovane poetessa Maria Messina, accenni sul poeta di Aci Catena e ciò fu cruciale per scoperchiare l?inedito di Francesco Guglielmino e di cui ne sostenne anche l?autenticità. G. Garra Agosta affermava che dalle date apposte sulle veline che avvolgevano i rullini dei negativi, Giovanni Verga espresse la sua passione di fotografo, con ottimi esiti, dal 1878 al 1911; forse questa attività si intensificò con il progressivo venir meno dell?operosità e della produttività del Verga scrittore.
Verga lasciò 327 lastre di vetro emulsionate, impresse utilizzando una macchina a cassetta del 1849 posseduta già dallo zio don Salvatore Verga Catalano; poi una Kodak del 1891, quindi una Express Murer, e alla fine una Eastman per i fotogrammi in celluloide di cui sono state conservate 121 pose. Oltre a risultare esteticamente e tecnicamente perfette, quelle foto aprono una finestra su quel mondo fatto di contadini, di operai, lavandaie e persone umili che ispirarono Maruzza, Turiddu, Mena, Diodata, Gesualdo Motta, Nedda, Jeli, Rosso mal pelo e tanti altri personaggi. Gli abiti sono quelli di tutti i giorni. Non c?è ricercatezza delle pose. Dagli occhi delle persone traspare una certa mestizia, malinconia e il desiderio di una vita meno sofferta. Il valore del documento fotografico sta soprattutto nelle persone e nei luoghi rappresentati con precisione. Si possono così riconoscere gli ambienti e i personaggi descritti nelle opere dello scrittore e si può tracciare il parallelismo tra Verga scrittore verista e Verga fotografo verista.
Trascriviamo adesso, il contenuto del documento:
?Maestro,
Le lascio cinque lavori cui Ella potrà dare un?occhiata:
1° La gora appartiene al genere Gran Guignol; alla rappresentazione potrebbe non avere cattivo esito; non è peggiore di lavori di simil genere.
2° L?uomo è un episodio della vita di Napoleone drammatizzato. L?autore, a documentare l?esattezza della ricostruzione ha avuto cura di citare le sue fonti, ma si tratta di una demolizione e le demolizioni di personaggi che siamo avvezzi a considerare in una luce di grandezza a teatro non hanno fortuna; sono piuttosto per la lettura.
3° La serenata di Folco su questo lavoro richiamo la sua attenzione: è una beffa di quelle che finisce tragicamente. E? un lavoro in versi ed i versi non sono brutti: vi è spigliatezza e sapore. Giudichi Lei.
4° Pei campi. E? un lavoro che si rialza sulla fine un po? truce. Le prime scene di preparazione mi sembrano prolisse e superflue.
5° Il diadema della regina. Di valido vi è un carattere non male impostato e due macchiette di medici del buon tempo antico. A me non piace molto giudichi Lei.
Mi perdoni il disturbo che le arreco per togliere a me stesso qualsiasi scrupolo e sempre mi voglia bene e mi consideri l?ultimo ma uno dei più devoti suoi ammiratori?.
F. Guglielmino
Resta da analizzare se i lavori fossero personali o il Guglielmino sia persona interposta a favore di altri.
Nel frattempo gli anni sono passati, il cemento si è imposto sul verde, e diventa sempre più difficile vedere l?orizzonte del mare e, più nascosta la grande montagna, e i visi sempre più scoraggiati della gente. A quel tempo si aveva più attenzione nell?indugiare con lo sguardo sui ciuriddi di strata, per scorgere i delicati colori e percepire quel soave profumo che a volte scuoteva e impegnava la levatura artistica dei grandi uomini. Oggi ci ubriachiamo di fumi, caos e rumore, ed è difficile essere attirati semplicemente da un fiore o, si potesse intricarsi e confondere nei suoi colori, esaltare e saziare i sensi in un effluvio assai seducente.
LUCIO CUTULI
(1)Il casato del Principe Riggio,
Emanuele Rossi, Tropea, Ferlito, Spoto, Mons. Bella, Guglielmino.
(2) In via Vitt. Emanuele, zona S.Lucia, fino agli anni 50 del secolo scorso era attiva una fiorente distilleria. Depositi e addetti alla manutenzione delle botte per la conservazione del vino erano visibili in molte strade. Il martellare dei maniscalchi che ferravano gli zoccoli delle bestie da soma e che forgiavano i ferri da cavallo, che creavano gli arnesi per gli spacca pietre e i vomeri per gli aratri, intercalavano con la loro battitura a cadenza il ritmo vitale della giornata.
Inserito da LUCIUS48