Bisogna risalire alle notizie che si hanno del territorio di Vena, borgata gemella di Presa, quando dei monaci di regola basiliana fondarono su un terreno alpestre uno dei sei monasteri gregoriani in Sicilia, dedicandolo a Sant'Andrea e alla "Madonna della Vena", secondo la leggenda nel 597. Teofane Cerameo ci parla nell'omelia n° 53 (Migne, Patrologia Greca, vol. 132) di un grande pellegrinaggio a Vena in occasione della festa delle Madonna, configurandoci quei luoghi come una zona montana "aspra e bruciata". A quel tempo il territorio di Presa esisteva con tutte le caratteristiche di fitto bosco di querce, castagni, pini e macchia mediterranea diffusa, tanto che nel 1687 il principe Ignazio Sebastiano Gravina Cruyllas, fondatore di Piedimonte, affermava, come riportato nel suo memoriale, rivolto alla Corte di Palermo, per ottenere l'autorizzazione a fondare il paese, "..che il feudo della "Bardella", ove sorgeva il casale di "Belvedere", di pertinenza della baronia di Calatabiano...posto nella valle dei boschi...trovasi molto fruttifera...con molte acque ed altro necessario all'umano sostentamento". Il luogo dove il Principe di Palagonia fece costruire il Cavo Vecchio dal giorno in cui si effettuò il prelievo dell'acqua fu chiamato ufficialmente La Presa, all'interno del feudo di San Basilio, entità territoriale soggetta al mero et mixto imperio dei feudatari Gravina Cruyllas, assieme alle altre baronie di Calatabiano, Piedimonte, Fiumefreddo. Secoli dopo, il terremoto di Messina con il suo scompiglio tellurico causò la scomparsa della ormai storica sorgente, risparmiando però il Cavo Nuovo che non subì danni in quell'occasione e continuò a rendersi utile, seppur con quantitativi minori di emissione. Nel 1926 venne poi trovata una nuova sorgente nella proprietà di Don Giacomo Ragonese, primo parroco di Presa, venduta nel 1931 all'amministrazione comunale di Piedimonte Etneo in concorso con quella di Linguaglossa.
Crescita economica e demografica, l'unità con Piedimonte Etneo
Grazie alle peculiarità del luogo, Presa è oggetto di rapido incremento demografico con l'arrivo di famiglie dai paesi vicini e nuovi proprietari che beneficiano delle concessioni terriere da parte dei feudatari, sotto forma di colonia parziaria ed enfiteusi, trasformandosi in rigoglioso centro agricolo dotato di un particolare clima collinare (inverni poco rigidi ed estati mai aride) in cui principale attività divenne la coltivazione della vite, seguita da quella degli alberi da frutto. Nel corso del XX secolo e per lo stesso tipo di virtù, con il progressivo arretramento delle attività rurali, Presa diverrà gradito centro di villeggiatura estiva, prerogativa intatta fino ai giorni nostri. Fino al XIX secolo, dal punto di vista amministrativo e religioso, Presa e Vena dipesero dall'abitato di Fiumefreddo di Sicilia, quella che, dopo le riforma amministrative del 1817 introdotte dalla restaurata monarchia borbonica e la nascita dei comuni, apparve a molti come una ingiustizia, vista la vicinanza geografica e culturale tra gli abitanti dell'ormai ex feudo di San Basilio (a quel tempo censiti in 800 persone) ed il nuovo municipio di Piedimonte Etneo. Nel 1826, dopo l'invio delle istanze, a partire dal 1820, da parte delle popolazioni e da parte del Sindaco Domenico Voces Todaro alla Corte di Napoli, il Re Ferdinando I acconsentì alla richiesta e con Suo Sovrano rescritto dell'11 luglio riunì Presa e Vena per gli atti religiosi e civili al Decurionato di Piedimonte.
La nascita di un nuovo aggregato urbano sul versante est dell'Etna, la borgata di Presa, fu simbolicamente sancita dalla costruzione, nel 1846, della prima chiesa al servizio del centro abitato, di cui il Comune di Piedimonte curò fabbricazione e successive spese di culto. L'edificio, nel 1873, fu ampliato con due ali laterali, assumendo l'architettura odierna e ricalcando quello stile neo-classico nell'architettura e negli ornamenti che si ritrova e la collega idealmente alla Chiesa Madre di Piedimonte. Da rurale quindi, la Chiesa divenne, con decreto vescovile, sacramentale e fu dedicata alla Madonna delle Grazie; fu eretto un fonte battesimale ed il primo febbraio del 1875 si celebrò il primo matrimonio. Presa tuttavia rimaneva legata alla parrocchia di Piedimonte per tutte le formalità burocratiche. L'aspirazione di quella comunità all'autonomia religiosa e spirituale divenne realtà nel 1922: la parrocchia di Presa iniziò così il suo cammino indipendente nella fede sotto la guida di Padre Giacomo Ragonese, cui nel 1964 succedeva Don Salvatore Zappalà. In seguito allo spostamento di questi a Calatabiano, venne poi nominato parroco Don Salvatore Guarrera, sacerdote ripostese, scomparso nel 2008 dopo lunga ed intensa attività pastorale. La sua eredità fu raccolta da Padre Angelo Bottali, religioso del movimento ecclesiale "I Ricostruttori nella preghiera", a cui succede nell'ottobre del 2010 Padre Virgilio Agostinelli, attuale arciprete ed anch'egli sacerdote del movimento fondato da Padre Gian Vittorio Cappelletto. Dal 2013 è parroco don Lucio Cannavò. Nel 1931 a Presa Superiore, la parte più antica del paese, fu edificata una chiesetta, ribattezzata poi del Calvario, restaurata negli anni novanta e oggi apprezzato luogo di meditazione e ritiro spirituale. Il culto della patrona Maria SS. Delle Grazie è molto sentito nel paese: ogni anno i festeggiamenti in suo onore si svolgono la seconda domenica di agosto con corale partecipazione di gente ed un contorno di spettacoli serali che per tutto il mese fanno di Presa un invidiabile polo di attrazione turistica.
Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Presa_(Piedimonte_Etneo)Inserito da Alcides Kumasi