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Festino di San Silvestro - Troina

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Tradizionale

Tra maggio e giugno, si svolge il Festino di San Silvestro, ciclo di feste molto suggestive: Rami e Alloro, Ddarata, Kubbaita, e Uscita della Vara. La tradizione del Festino è molto sentita dalla gente troinese che vi riversa il suo profondo sentimento religioso; sono momenti in cui ci si riappropria dei valori più genuini della propria terra, riscoprendo le radici e riconfermando quella suggestione che evoca speranza e contribuisce a realizzare una sorta di liberazione dalle angosce e dai problemi quotidiani.
Nella notte del giovedì che precede la penultima domenica di maggio, numerosi devoti, i Ramara, si radunano nella chiesa del Santo da dove ha inizio un toccante pellegrinaggio che a piedi li porterà fino alle lontane foreste nel cuore dei Nebrodi; qui, secondo il voto tradizionale, toccheranno e raccoglieranno le fronde dell'alloro. Alle prime luci dell'alba, dopo ore di faticoso cammino, i ramara giungono in una vasta radura, dove accendono i fuochi e preparano i bivacchi.
I pellegrini, dopo essersi ristorati e aver consumato prodotti genuini e caserecci accompagnati da buon vino, si dividono in due gruppi, alcuni rimangono al campo base, mentre altri si allontanano per andare a toccare l'alloro. Dopo alcune ore di cammino, giungono all Anghira di Faccilonga, quasi un Santuario naturale, dove cresce l'alloro. Un alone soprannaturale e di letizia sembra incantare quel luogo, la voce della natura parla ai pellegrini. Tutto intorno è mistico: come ai tempi dei vecchi anacoreti si respira un profumo di delicati sentimenti e di santità. Da tanti secoli i troinesi hanno trovato all'ombra selvaggia di questo sacro bosco un legame indissolubile con il mistero; si sentono figli di una stessa stirpe e fratelli tra fratelli. In questo luogo giungono ogni anno recando in cuore con devozione una preghiera di ringraziamento, un'implorazione di aiuto, il poter ritrovare la pace dello spirito e rinnovare il coraggio per continuare sulla via del bene e della virtù, chiedere grazie materiali e spirituali, per intercessione dell'umile concittadino San Silvestro.
I ramara con l'ausilio di corde si calano giù per il pendio per raccogliere qualche ramoscello di alloro; un canto di ringraziamento spezza l'arcano silenzio del bosco.
Si riprende la via del ritorno al campo base; da qui si fanno loro incontro, al rullo del tamburo, quanti erano rimasti ad aspettare. Si forma un grande cerchio, il tamburo suona a festa, tutti inneggiano al Santo tra canti e spari a salve.
Al centro il massaro (il più anziano dei devoti) con un cenno del suo vincastro ordina il silenzio cosicché vengano intonati i canti tradizionali la cui melodia ricorda la melopea araba. Trascorsa la notte, all'alba del sabato mattina i pellegrini riprendono la via del ritorno. Lungo il tragitto, che da Fontana Fredda conduce al ponte di Faidda, i devoti che non hanno potuto partecipare al pellegrinaggio offrendo vino e biscotti danno ai ramara la bon vinuta e sciolgono con questa prommisione il loro voto.Domenica mattina alte aste di legno adorne di alloro e ricche di addobbi: fiori, bambole, festoni colorati, immagini sacre e altro, vengono portate in offerta al Santo in una suggestiva sfilata per le vie di Troina, tra il ritmo dei tamburi e l'invocazione ''viva Diu e San Suvviestu e lu Patriarca San Giusieppi e lu Santissimu Sacramientu''. Giunti alla Chiesa Madre, in cima all'abitato, i pellegrini partecipano alla santa messa e, dopo la benedizione dei rami d'alloro, riprendono il cammino per raggiungere la Chiesa di San Silvestro dove rendono omaggio alla tomba del Santo e sciolgono il loro voto.
La domenica successiva si svolge con modalità similari - la Ddarata. È un altro pellegrinaggio votivo altrettanto caratteristico: questa volta protagonisti sono cavalli e muli sfarzosamente bardati e carichi d'alloro. ''ed è ora un boschetto someggiato che sale e scende per le stesse pendici, che diffonde il suo dolce aroma, strisciando contro i muri dei campi e delle case'', scriveva così all'inizio del secolo scorso Federico De Roberto affascinato dalla singolarità della festa.
Molto suggestiva è anche - la Kubbaita. Tale termine di origine araba 'qubbiat' significa 'mandorlato' - si usa in Sicilia per indicare il torrone. A Troina, invece, tale termine è passato per estensione ad indicare la cavalcata storica. Un nutrito gruppo di cavalieri vestito con costumi spagnoleggianti, preceduto da tamburini e trombettieri sempre in costume, apre il corteo; seguono i veri protagonisti della sfilata: sono tre cavalieri che cavalcano cavalli scelti e bardati con ricchi finimenti. I tre personaggi vestono un identico costume in stile cinquecentesco alla spagnola, e si differenziano tra loro per la colorazione dell'abito: uno è rosso-granato, uno blu e uno verde. Ogni cavaliere porta sulla spalla sinistra una piccola bisaccia piena di confetti, torroni e dolciumi. Un valletto che accompagna il cavaliere ed un palafreniere che regge le briglie del cavallo portano, dentro bisacce di seta, le provviste di riserva. Il singolare corteo, dopo aver percorso le principali vie di Troina, giunge in Piazza Conte Ruggero. In questa singolare cornice del centro storico, tra gli applausi e le grida gioiose della grande folla in attesa, avviene la caratteristica distribuzione della kubbaita. La particolare manifestazione per i costumi e le modalità di svolgimento si considera legata alla venuta e al soggiorno a Troina dell'imperatore Carlo V nel 1535.
Non meno ricca di fascino è l'Uscita della Vara. Il sabato pomeriggio che precede la prima domenica di giugno il simulacro del Santo, raffigurato nell'atteggiamento liturgico benedicente della tradizione greca, viene condotto in processione dalla Chiesa Madre alla chiesa a lui dedicata in una pesante e sfarzosa Vara settecentesca rivestita elegantemente in lamine d'argento.
Il lunedì successivo si concludono i festeggiamenti con il ritorno della Vara alla Chiesa Madre.
Cenni Storici:
La processione dei cerei - Nell'anno 1575, la peste infuriava a Troina così violentemente che in meno di tre mesi morirono 1200 persone; i Torinesi, atterriti, innalzavano fervide preghiere a Dio ed ai Santi, ma il male non cessava e si fu costretti a far venire un medico da Catania per studiare il morbo e curarlo.
Quest'uomo, che fu ben pagato e di cui non si ricorda il nome, fece il suo dovere: mise in opera tutto il suo valore e i ritrovati della scienza per abbattere vizi e pregiudizi.
Grazie a disinfezioni e cure igieniche, giunse a debellare il male e, novello Numa, si faceva obbedire dicendo che conferiva con S. Silvestro, da cui attingeva norme e consigli.
Fu allora che i Torinesi stabilirono di portare attorno al paese la statua di S. Silvestro che li aveva liberati dal grande flagello; oltre il clero, precedeva il Santo ogni classe d'artigiani, portante ciascuna una barella a mo' di bacheca con dentro burattini o marionette denotanti i diversi mestier: fabbroferraio, muratore, calzolaio, sarto, falegname, contadino ecc. Poiché si accompagnavano con cerei o grosse torce, fu detta la processione dei cerei.
Questa processione si ripeteva ogni anno e si fa ancora, ma senza cerei e senza burattini; il solo clero precede la statua del Santo, collocata in una magnifica, pesantissima bara che è seguita, nel suo tragitto, da un enorme codazzo di popolo.
Il perchè delle due croci - Il clero è preceduto da due croci, durante le processioni per denotare, dicono alcuni, l'antica sede vescovile di Troina, percui una croce apparteneva al vescovo e un'altra al capitolo. Ma la verità è, dice un anonimo manoscritto, che una croce rappresenta il rito greco e l'altra quello latino; tutti, infatti, sono a conoscenza del fatto che questa città fu abitata dai greci, con clero greco; fu papa Gregorio X che, nel 1272, unì il rito greco con quello latino. Nella città di Troina, però, dove allora erano viventi ambo i riti, i rispettivi sacerdoti si misero d'accordo ed uscivano insieme nelle processioni, ciascuno appresso la propria croce. Questa usanza perdurò sino a che si estinsero i Greci; dopo, infatti, fu praticato soltanto il rito latino, ma , nonostante ciò, il clero volle conservare, durante le processioni, le due croci, come ricordo delle passata esistenza di entrambi i riti.
Fonte: www.reteruggero.it/troinaPortal/faces/public/guest/home/cittadino/manifestazionireligiose/detManifestazionireligiose?portal:componentId=detManifestazionireligiose&portal:type=render&portal:isSecure=false&itemId=15Inserito da Alfredo Petralia   

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