L'indomani del terremoto del 1693 il piano progettuale del Duca di Camastra prevedeva due ampie piazze ad emiciclo che facessero da ingresso virtuale alla città: una completata verso la Piana, il Piano del Fortino; l'altra realizzata solo in parte verso il mare, il Piano della Statua. Il Piano del Fortino, oggi piazza Palestro, fu completata con la realizzazione dell'imponente Porta Ferdinanda (oggi Garibaldi) e sorgeva sulle lave giovani del 1669, mentre il Piano della Statua veniva realizzato sulle sciare preistoriche del Larmisi, un costone roccioso che caratterizza buona parte del lungomare catanese fino a piazza Europa.
La piazza prese immediatamente il nome ('U Chianu da' Statua) dalla statua di Sant'Agata eretta a seguito dello scampato pericolo durante la peste del 1743 su di una delle otto colonne romane che decoravano gli interni della Cattedrale normanna (sei sono in facciata, un'altra nel cortile del Castello Ursino). L'evento è ricordato dalla lapide incisa sul versante orientale con la semplice frase: D O M/ DIVAE AGATHAE/ CIVI/ A PESTE SERVATRICI/ MDCCXLIII (A Dio Ottimo Magno, Sant'Agata preservatrice della città dalla peste, 1743). Il monumento fu restaurato nel 1800 e nel 1936 come testimoniano altre due lapidi costituenti l'alto zoccolo della colonna (rispettivamente i lati ovest e nord; a sud invece è una dedica a Ferdinando III di Borbone e Maria Carolina d'Austria "rinnovatori del decadente secolo XVIII").
Situata all'estremo confine orientale della città, la piazza era un nodo urbano essenziale per la costa, costituendo l'affaccio del quartiere Civita al mare. Qui sorgeva il pittoresco quartierino di pescatori e operai, caratterizzato da casupole basse variopinte da panni stesi al sole, mentre andando lungo l'asse principale di via Vittorio Emanuele si incontravano i palazzi alto-borghesi dei Reburdone, dei Pedagaggi e dei Valle, famiglie in ascesa sociale che comprarono i terreni su cui edificare i propri palazzi a basso costo.
Nel 1837 in questa piazza furono fucilati i rivoluzionari anti-borboni: Salvatore Barbagallo-Pittà, Gaetano Mazzaglia, Giuseppe Caudullo Guarriera, Giacinto Gulli-Pinetti, Giovambattista Pensabene, Giuseppe Caudullo Amore, Angelo Sgroi e Sebastiano Sciuto. In loro perenne memoria fu posta una lapide sul lato affacciante alla piazza del Palazzo Reburdone e il nome del Piano della Statua fu convertito in Piazza dei Martiri per la Libertà, oggi semplificato in Piazza dei Martiri.
La piazza fu chiusa sul lato nord alla fine del XVIII secolo con la costruzione della chiesa del Sacramento Ritrovato, 'U Signuri Astratu. Il 29 maggio 1796 venne rubato il Sacramento dalla chiesa di San Francesco Borgia che a quel tempo era sede della Cattedrale per via della costruzione del campanile nuovo. I ladri nascosero la preziosa refurtiva dietro un ficodindia nella "chiusa dell'Armisi". Nel punto esatto in cui era celato l'ostensorio iniziò la costruzione della chiesupola, che durò fino al 1877, quando venne demolita per costruire la ferrovia.
La chiesetta perduta costituiva un affascinante eremo solitario, a picco sugli scogli preistorici con uno scenografico salto sul mare. Nei primi del Novecento fu interesse del Beato Giuseppe Dusmet affinché non si perdesse la memoria di questo evento e la chiesa venisse ricostruita pochi metri oltre, su via VI Aprile.
A seguito della realizzazione della ferrovia, la piazza, originariamente rettangolare, assunse una forma ovoidale e fu di fatto ridotta nel suo tratto verso il mare. Insieme alla ferrovia venne realizzato anche un passeggio lungo i binari, chiamato dai catanesi 'U Passiaturi, a ricordo del "Passeggio alla Marina" che cingeva a sud le mura e i bastioni prospicenti al Molo Saraceno. Tale passeggiata, pur in passato uno dei siti maggiormente frequentati dai catanesi, oggi rimane quasi desolato e poco valorizzato.
Adattata per ospitare una grande rotonda, non molto curata, oggi la piazza costituisce più un punto di passaggio per il traffico cittadino che un angolo di memoria civica o un elemento di attrazione turistica.
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