La Matrice è dedicata a S. Maria Maddalena e sorge nella parte superiore del paese, in vicinanza dell'antico castello. La facciata è rivolta ad occidente e finisce in alto con una croce di ferro nel centro e le statue di S. Simone e S. Vito alle due estremità. Essa è disegnata in una vignetta del libro di cantofermo, eseguito da Sac. D. Santo Gigante nel secolo XVII. L'interno della chiesa è diviso in tre navate da due ordini di colonne in muratura, dalle quali partono archi semicircolari, che sorreggono maestose pareti, sulle quali posa la volta di legno svariatissimamente rabescata. Questa è divisa in due parti da un arco, che occupa tutta la larghezza della navata centrale.
Le notizie storiche sono ricavate da un libro manoscritto di memorie conservate nell'archivio parrocchiale. L'epoca precisa della sua fondazione non è conosciuta; ma si può argomentare che, costruito il castello, cominciò a dilatarsi l'abitazione nei luoghi vicini ad esso, e la madre chiesa dovette essere innalzata la prima verso il 1200, quando sorse il paese. Nel 1230 essa esisteva con certezza, come risulta dall'iscrizione della Raccomandata.
Però quella chiesa fu distrutta e differiva da quella attuale per esposizione e grandezza. Infatti l'antica Matrice era esposta a mezzogiorno ed era più piccola, perché la porta maggiore corrispondeva nella cappella dedicata ai SS. Simone e Giuda e l'altare maggiore nella cappella dedicata a S. Rosalia.
Ma questa mutazione di sito è dimostrata chiaramente in un altro luogo dello stesso libro, dove si legge quanto segue: «Nel qual tempo l'antica chiesa era situata con l'altare maggiore verso tramontana et al presente havendosi rifatta più grande detto altare è situato verso Levante sotto titolo di S.ta Maria Maddalena».
La Matrice attuale fu fabbricata verso il 1500 per l'accresciuta popolazione, sull'arca e sulle adiacenze di quella antica, e ciò risulta da diverse iscrizioni che si osservano in essa.
La più antica è quella che si legge nella parte esterna del campanile e ricorda l'epoca, nella quale esso fu fatta: AN O D.NI. 8. IND. MDX9.
La seconda, in ordine cronologico, è quella che si vede nell'arco della cappella dei SS. Simone e Giuda: AN.O D.NI MCCCCC.
La terza si legge sulla campana grande 1550
L'ultima esisteva fino al 1908 nella parte superiore della facciata ed accennava alla finita costruzione della chiesa. Essa era corrosa dal tempo e vi si poteva leggere la sola data: XMDL.
Da quell'epoca in poi, finiti i lavori di costruzione, si pensò di adornare la chiesa di pregevoli opere artistiche, delle quali ci ha conservato le più minute notizie nel citato libro di memorie.
L'organo è opera pregevolissima del celebre maestro Raffaele La Valle da Palermo, come risulta da un atto presso il notar Vincenzo Bilando da Palermo in data del 19 febbraio XIV ind. 1600, e costò onze 270. Il letterino o palco fu fatto dal maestro Francesco Barberi, intagliatore in legno da Palermo, per onze 28, come risulta da un atto in not. Cataldo Campanella del 29 ottobre VI ind. 1607, e gli adorni indorati con oro zecchino furono eseguiti da maestro Francesco Lorito per onze 11. Ora l'organo è talmente guasto, che difficilmente può essere riparato.
Il coro, lavoro ad intaglio non meno pregevole, è opera del maestro Giuseppe Attolino, o Dattolino, altro celebre intagliatore in legno da Palermo, il quale vi lavorò dal 1614 al 1619, come risulta da un atto del not. Francesco La Vignerà in data 19 ottobre XIII ind. 1614 ed un altro atto di stima del 16 settembre III ind. 1619. Nel primo stallo, che si trova entrando dalla sagrestia, si legge: 1619. Il prezzo di tutto il lavoro fu di onze 358 e tari 14.
Ma l'opera più bella e anche più importante di tutta la chiesa è la tribuna maggiore. Essa è divisa in due parti, una inferiore che rappresenta la chiesa militante e l'altra superiore quella trionfante.
Nella prima parte sono dieci statue di stucco in grandezza naturale, che rappresentano gli apostoli, e in mezzo alle quali si trova quella di S. Maria Maddalena coli'iscrizione: apostola apostolorum 1622. Ogni statua ha al di sopra un angelo in atto di metterle sul capo una corona, sull'idea di Antonello Gagini del duomo di Palermo.
Nella seconda parte, che è la più importante, si trova nel centro il Dio Padre, fatto di stucco in grandezza straordinaria e circondato da molti angeli in atteggiamento di sunare e cantare, dai quattro evangelisti e da altri santi. Nelle parti laterali trovansi due quadretti, eseguiti da Bernardino Flocci e rappresentanti uno l'incontro del Cristo risorto con S. Maria Maddalena e l'altro il Cristo cogli apostoli dentro una barca. All'esterno della tribuna, si vedono le statue di S. Pietro a destra S. Paolo a sinistra, e al di sopra di tutta la tribuna la titolare della chiesa con diversi angioletti e Adamo ed Èva.
Questo splendido lavoro è opera dei fratelli maestri Scipione, Francesco e Paolo Livolsi da Tusa, come risulta da atto in notar Francesco La Vignerà ali settembre V ind. 1621 e il prezzo totale fu onze 525, oltre onze 218. per l'opera di indoratura. Esso fu finito nel 1630, perché a 6 luglio XIII ind. di detto anno, con altro atto presso il detto Francesco La Vignerà, fu adibito il maestro Giovan Pietro Senzali per fare la detta indoratura.
Essa destò l'ammirazione dell'abate Gioacchino di Marzo, il quale dice che questa grande e sontuosa decorazione è la sola opera dalla quale si può conoscere l'alto valore dei fratelli Livolsi nella plastica, giacché di essi finora non si conoscono con precisione altri lavori. Egli ammira nell'architettura e nei suoi relativi ornamenti molta bellezza ed eleganza di effetto, nonostante qualche accenno al fatai declinare del gusto in quel secolo per la soverchia profusione e la tendenza al caricato. Vi trova però l'arte non ancora dimentica delle sane norme degli aurei esempi dello stile dell'età precedente. Anche nelle statue, che egli dice sempre commendevoli per valentia di magistero e per molto pregio dell'arte, trova un fare risentito e pesante ed una soverchia grandiosità di forme non riscontrate nella statua dell'imperatore Carlo V in Piazza Bologni in Palermo, fusa in bronzo più tardi dallo stesso Scipione Livolsi nel 1630. Ma anche dato quanto afferma l'illustre uomo, si verrebbe a provare che, nei secoli di gusto depravato, anche i grandi ingegni non ne vanno affatto esenti.
Anche le tribune maggiori delle navate laterali sono adorne di belle statue in stucco della stessa epoca. A fianco delle quali quella di destra è assai più pregevole dell'altra. Nella tribuna di sinistra, dedicata al SS. Sacramento, v'è nella parte superiore una custodia che porta scolpito un albero come simbolo della vita racchiusa nel Sacramento dell'Eucaristia, e ai lati della detta custodia si vedono quattro donne simboliche rappresentanti le virtù dell'abbondanza, della fortezza, della penitenza e dell'innocenza. Nella tribuna di destra, dedicata alla Madonna di Libera Inferni, vi sono quattro statue rappresentanti S. Francesco D'Assisi, S. Antonio di Padova col divino bambino, il papa Innocenze III e S. Stefano protomartire.
Gli autori delle opere fatte in queste due ultime tribune sono ignoti. Ma l'illustre abate Di Marzo, nella citata opera, opina che i detti lavori siano pure essi dei fratelli Livolsi, o almeno della loro scuola. Quest'autorevole opinione viene confermata, per la tribuna di destra, dalla somiglianza dello stile e degli adorni e dal fatto che essi furono eseguiti nella stessa epoca. Nella tribuna di sinistra si può escludere quasi in modo assoluto la mano dei maestri Livolsi, essendo assai evidente l'opera d'artisti minori, che molti anni addietro, per giunta, fu deturpata da una nuova indoratura, colla quale fu alterata la fisinomia antica.
Fonte: http://www.ciminna.eu/memoriedocumenti/ParteTerza/ParteTerzaCap1.htm#7Inserito da Alfredo Petralia