Il complesso acquedotto era a pelo libero (ossia scoperto) e prevedeva soluzioni miste per mantenere costante la pendenza dell'acqua, con canali a raso, su muraglione, su arcate, a mezzo-costa. Di quando in quando erano presenti i castelli dell'acqua che accumulavano il prezioso elemento per aumentarne la pressione, in vista di una risalita o per una deviazione atta ad alimentare un altro ramo.
Il tratto di via Minaudo dell'acquedotto secentesco costituisce uno dei più articolati e nel contempo dei più alterati tra le sezioni superstiti della lunga struttura.
Posto a mezzacosta, su muraglione e su un principio di archeggiato, l'acquedotto era realizzato a secco, con rinforzi in malta nelle parti più sensibili. Giunto all'incrocio con l'attuale via della Consolazione alimentava una torretta chiamata "Ugghia di l'acqua", di cui rimane un fitto sistema di canali cilindrici, la quale dovette essere del tutto simile all'unica integra, posta nell'attuale Orto Botanico. Dopo il suo progressivo abbandono, il muraglione dell'acquedotto finì per costituire una comoda parete per piccole e modeste architetture popolari ad uso abitativo, le quali hanno spesso alterato la superficie del muraglione originale, alterandone la lettura.
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